Renée Vivien: ceneri e polveri di una poetessa maledetta.
“Ma cosa
ti importa dell’elogio eloquente dei poeti,
tu che hai la fronte larga e stanca
dell’eternità?” (Invocazione tratta da “Cendres et poussières”)
Oggi
parleremo di una poetessa fin du siècle,
parnassiana, simbolista, decadente. Una vera e propria poétessemaudite di
origini britanniche, ladies and gentlemen, mesdames et messieurs vi presento: Renée Vivien!
Nata Pauline Mary Tarn (Renée Vivien è lo
pseudonimo da lei adottato) a Londra nel 1877, fin da giovanissima ha emigrato
in Francia. Attratta dall’orbita bohémien di Parigi, si è fatta conoscere quasi
immediatamente negli ambienti intellettuali dell’epoca grazie alla sua
ostentata débauche e alla sua
omosessualità dichiarata.
Situata
a metà fra due culture e due lingue, la sua figura incarna in maniera completa
ed esemplare la doppia appartenenza a due paesi ravvicinati dalla cosiddetta
Entente cordiale (intesa amichevole).
Ellenista
e traduttrice di Saffo (viene spesso chiamata "Saffo 1900"), Renée
Vivien ha elaborato una mitologia femminile dominata da figure gloriose ed emancipate,
contrarie al matrimonio, alla maternità, alla dipendenza in generale.
Audace
nei temi, classica nella forma, meriterebbe una luce maggiore rispetto a quella
che durante la Belle époque le è
stata data. E oggi siamo qui proprio per questo. Tutte le poesie che seguiranno sono tratte dalla raccolta poetica "Cendres et Poussières" (Ceneri e polveri) pubblicata nel 1902 (e poi in seconda edizione nel 1909).
Con pochissimi ma toccanti versi, Renée Vivien riesce a descrivere la strabiliante potenza dell'amore, che coglie inaspettatamente gli amanti e gli fa "sognare meravigliosi preludi". L'amore lascia stampato sulla fronte un senso di languore e di ebbrezza che difficilmente le persone sensibili come Renée Vivien possono dimenticare.
Qui compare la misteriosa figura della Dea del Sonno e che, come vedremo in altre poesie, ritorna spesso. Il sonno è dolce e fa placare ogni sconforto. La sera bagnata di rose diventa in questa oscura poesia motivo di morte. Renée Vivien è ossessionata letteralmente dalla morte, quasi come fosse una maledizione alla quale è condannata in partenza. E i fiori in questo immaginario di stanchezza/sonno/morte hanno una valenza simbolica. Da sempre la poetessa sognava di morire con un mazzo di fiori fra le mani, e racconta un aneddoto che abbia tentato il suicidio con del laurano proprio stringendo fra le mani un mazzo di viole. L'amata, esplicitamente femminile nella poesia, è qui descritta come una vipera maligna. Il rapporto fra la poetessa e la "rettile e Dea" è ambiguo, di amore e allo stesso tempo di odio. Richiama molto nello stile e nei temi il sommo maestro Baudelaire. La malignità dell'Amante si fa nella poesia "Désir" ancora più forte. Con "crudeli unghie lunghe" afferra un "bel corpo spezzato" che non può far altro che chiedere grazia in un "raglio d'amore, desiderio e spavento". Il tema del male rispecchia la sensibilità tipicamente decadente in voga all'epoca. Mi piace concludere con questi versi delicatissimi che ci invitano a guardare direttamente nei cuori delle persone per ritrovare silenziosamente la meraviglia di essere amati.
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